lunedì 11 marzo 2013

Rating Italia, verso il punto di non ritorno? Ecco quanto manca


Era nell'aria ed è arrivato. Il downgrade all'Italia da parte di Fitch è piovuto venerdì pomeriggio, a Piazza Affari spenta. Con quest'altro "notch" in meno (da A- BBB+) l'Italia perde l'ultima "A" nel giudizio sulla solvibilità del debito attribuito dalle tre sorelle statunintensi (S&Poor's, Moody's e Fitch) che da sole controllano il 90% dei mercato globale dei rating.
Quali reazioni ci potrebbero essere lunedì sui mercati? Secondo gli esperti interpellati al workshop Ambrosetti non sono attesi grossi scossoni. In effetti, il giudizio di Fitch si va ad allineare a quello già espresso da S&Poor's (BBB+) e resta di un gradino più alto rispetto alla valutazione Baa2 di Moody's (guarda la tabella dei rating).
A questo punto all'Italia resta la "A" dell'agenzia di rating canadese Dbrs che è tra le quattro agenzie (assieme alle tre sorelle) di cui la Banca centrale europea tiene conto per selezionare i titoli da dare a garanzia nelle sue operazioni di rifinanziamento. La stessa Dbrs, un giorno prima di Fitch, ha comunque tagliato il giudizio sul Paese Italia, da "A" ad "A low", bocciando l'esito incerto delle elezioni.
In ogni caso, considerando i rating delle quattro agenzie citate, l'Italia resta al momento all'interno della "categoria protetta" degli investment grade. E fino a che si resta su questo livello vuol dire che il debito è considerato complessivamente affidabile.
La situazione potrebbe invece peggiorare se le agenzie di rating ponessero l'Italia sotto questa soglia di guardia facendola scivolare nel girone degli investimenti speculativi ("non investment grade speculative").
A quel punto c'è il rischio che parta un'ondata di vendite automatica generata da quegli investitori, in particolare fondi pensione internazionali, che adottano per policy interna clausole di sicurezza tali per cui non possono detenere in portafoglio titoli sotto la categoria "investment grade".
Bene, quanto è distante l'Italia dalla soglia d'allarme? La tabella allegata - evidenzia tutti i gradini di giudizio (i cosiddetti "notch") in cui le tre sorelle americane catalogano debiti pubblici e privati che finiscono nella loro orbita - ci indica che l'Italia può permettersi di scendere ancora di due gradini (nella scala di Fitch e S&Poor's) e di un solo gradino (nella scala di Moody's) prima di sprofondare nell'arena degli investimenti speculativi.
E dato che Moody's è quella al momento più aggressiva nei confronti dell'Italia (ha un outlook negativo sul Paese dopo che «le recenti elezioni hanno aumentato il rischio che lo slancio per le riforme strutturali avuto durante il governo Monti perda vigore e arrivi a un punto morto») vuol dire che c'è comunque da stare all'erta.
C'è però una piccola consolazione in questo criticatissimo universo dei rating (restano irrisolti molti conflitti di interesse nell'operato di queste agenzie su cui è in corso un'inchiesta della Procura di Trani). Se i mercati tenessero per buono il rating dato all'Italia da Egan Jones (la quarta agenzia statunitense) che a luglio ha bocciato il debito italiano a CCC+, allocandolo nella categoria "rischio sostaziale" (peggiore del girone degli "altamente speculativi"), qualcuno comincerebbe a pensare davvero di fare le valigie.

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