Diventano sempre più importanti le scelte fatte dai lavoratori in merito alla previdenza integrativa, che consente di ottenere una quota aggiuntiva alla pensione grazie a versamenti volontari.
IN SEGUITO ALLA riforma del sistema pensionistico, che prevede per tutti i lavoratori il metodo del calcolo contributivo, le aspettative in merito all’assegno pensionistico dopo la fine del lavoro sono di fatto sempre più basse.
QUINDI DIVENTANO sempre più importanti le scelte fatte dai lavoratori in merito alla previdenza integrativa, che consente di ottenere una quota aggiuntiva alla pensione grazie a versamenti volontari.
I LAVORATORI DIPENDENTI, in particolar modo, hanno la possibilità di scegliere se destinare il Tfr ad un fondo pensione integrativo, oppure lasciarlo in azienda, per poi riscuoterlo sotto forma di “liquidazione” nel momento in cui si uscirà dal mondo del lavoro.
È FONDAMENTALE, soprattutto in questo momento, fare i conti ponendo la massima attenzione. A cinque mesi dalla riforma Monti-Fornero, il settimanale economico del Corriere della Sera, CorrierEconomia, ha confrontato tra loro i rendimenti offerti da dieci fra strumenti previdenziali, investimenti finanziari e dalla stessa liquidazione nel periodo compreso fra il 30 aprile 1992 e il 30 aprile 2012, circa la metà di una carriera lavorativa. Nella simulazione, è stato considerato il versamento relativo a una retribuzione iniziale di 25mila euro, che sono diventati 45mila alla fine dell’intervallo preso in considerazione.
I RISULTATI OTTENUTI, hanno evidenziato che la previdenza integrativa dei fondi pensione ha un buon risultato. Il Tfr, invece, finisce nelle retrovie. Un versamento totale di 57.800 euro effettuato in venti anni, pari a quasi 2.900 l’anno, avrebbe portato ad un capitale finale di oltre 102mila euro, se fosse stato investito in un fondo pensione aziendale o di categoria, mentre con la liquidazione tenuta in azienda il rendimento finale sarebbe stato di soli 76mila euro.
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